Ci chiamiamo fieramente Koh-i-noor

15 Gen. 2016

Ci chiamiamo fieramente Koh-i-noor, ma conoscete la storia della pietra da cui prendiamo il nome?
Intanto, il Koh-i-noor è un diamante dalle dimensioni record, di circa 105 carati, ancora oggi incastonato sulla corona della Regina Madre Elisabeth Bowes-Lyon, mamma dell’attuale Regina Elizabeth II, e custodito nella Tower of London insieme ai gioielli della Corona inglese.
Tornato sotto le luci della ribalta per una recente polemica diplomatica, si crede che sia stato estratto intorno al 1300 da una delle miniere dell’antica Golconda, in India.
Il primo cenno su questa pietra ci racconta di come, nel 1526, Muhammad Babur, pronipote del più celebre Genghis Khan, essa sia stata da lui conquistata come bottino di guerra dopo aver sconfitto il sovrano di Delhi.
Alla morte di Babur, il Koh-i-noor venne ereditato dal figlio Humayun, che regnò per 26 anni, finchè non venne esiliato in Persia nel 1544. Come segno di gratitudine, Humayun donò la pietra al sovrano persiano Shah Tahmasp nel 1547, per poi morire nel 1556.
Poco più tardi, tuttavia, il sovrano persiano rispedì in India il Koh-i-noor, che così tornò nelle mani della famiglia di Humayun: più precisamente a suo nipote, Aurangzeb, il cui padre fece costruire opere come il Taj Mahal e il trono del pavone.
Aurangzeb morì nel 1707 e il Koh-i-noor passò nelle mani della dinastia indiana Mogul, poi sconfitta dal grande stratega persiano Nader Shah.
Conscio tuttavia di non poter amministrare il vasto impero che aveva conquistato, Nader Shah lasciò il regno ai Mogul, pretendendo in cambio il pagamento delle spese di guerra e la gioielleria del sovrano indiano.

La leggenda però ci dice che il persiano seppe da una concubina dell’harem dei Mogul che il sovrano indiano nascondeva delle pietre preziose nel suo turbante; così, durante un ricevimento nel quale si concordava la loro alleanza, propose di scambiare le corone come segno di amicizia.
Una volta solo, srotolò il turbante e, alla vista della famosa pietra lì nascosta, esclamò proprio “Koh-i-noor!”, che in Farsi significa “Montagna di luce”.
Negli anni successivi gli eredi dello stratega persiano allargarono le loro conquiste sino all’Afghanistan, portando sempre con loro l’ambìta pietra.
L’ultimo esponente della dinastia vide il proprio regno cadere nel 1810 e trovò rifugio presso Ranjit Singh, imperatore Sikh di Punjab, in India, il quale pretese in cambio il Koh-i-noor; la pietra rimase lì quindi sino al 1849, quando lo Stato entrò a far parte dell’impero britannico, momento sancito dal trattato di Lahore.
Il concordato non poteva non prevedere la cessione del diamante, che fu consegnato così alla Regina Victoria il 3 luglio 1850.
Gli esperti gemmologi inglesi ritennero tuttavia che il taglio non fosse perfetto e che non esaltasse appieno la luminosità della pietra: venne così nuovamente tagliato, sotto la supervisione del Principe Albert, marito della Regina. Si dice che l’operazione costò 8.000 sterline, una cifra notevole, e da allora il Koh-i-noor è diventato di forma ovale.
Dapprima montato su una corona di platino utilizzata per l’incoronazione della Regina Mary, moglie di Re George V, è stato poi trasferito sulla corona della Regina Elizabeth Bower-Lyon, dove tuttora si trova, dopo il suo lungo peregrinare.
L’India negli ultimi decenni ha più volte reclamato la restituzione del Koh-i-noor, arrivando a coinvolgere le Nazioni Unite, tuttavia la pietra sembra proprio dover continuare a brillare presso la Tower of London.